Archivio Editoriali - 3 Settembre 2022 |
FESTIVALBAR 1972. VINCE MIA MARTINI CON "PICCOLO UOMO" Cari amici, il 14 settembre 1972 alle ore 21,30 sul Programma Nazionale, la TV manda in onda la registrazione della finale del Festivalbar 1972, che si era svolta nella Piazza del Comune di Asiago intorno alla metà di agosto. Per questa edizione, il patron Vittorio Salvetti invita alla manifestazione nomi di prestigio come Fabrizio De Andrè e Charles Aznavour. In realtà, nel caso di De Andrè, i contatti furono presi con la sua casa discografica (la Produttori Associati) che dà l’ok alla partecipazione del cantautore genovese, senza fare i conti con l’avversione per le gare dello stesso De Andrè. Per cui, alla fine, il nome di Fabrizio De Andrè entra a far parte del cast e il suo disco (il titolo della canzone è “Un chimico”) viene inserito nei juke box, ma alla finale di Asiago, lui non partecipa. E la cosa avrà anche strascichi giudiziari con diffide nei confronti di Salvetti e vertenze tra De Andrè e la sua casa discografica. Ma vediamo la classifica finale dei primi dieci posti. Gli altri partecipanti sono: Ed ecco come il Radiocorriere TV celebra la vittoria di Mia Martini. Gli abiti neri lunghi alle caviglie acquistati ai mercatini di Porta Portese, gli orologi al collo e il grosso anello che pende dal labbro superiore, la bombetta calata fin sugli occhi, bianca al mattino e nera al pomeriggio, quattro puntini disegnati a matita sul naso, perché “mi ricordano una storia”, la corsa frenetica verso una libertà per lei troppo a lungo “off limits”. Mia Martini, 25 anni di vita ed uno circa di notorietà. Il suo precedente singolo era stato “Padre davvero”, ma il titolo è solo speranza irrealizzata: del suo, infatti, conserva solo brutti ricordi, tipo il modo selvaggio con cui batteva mamma: non si vedono da almeno 15 anni. A casa, tra una madre e tre sorelle, riscopre il suo più caro amico in Wudy, un cocker bianco con orecchie nere. E oltre ai dispiaceri infantili, oltre alla solitudine psicologica ed alla “chiusura” di quand’era bambina, una vita scombinata il cui curriculum riecheggia quasi il programma di una scuola serale di recupero: un po’ di liceo artistico, un po’ di lingue, un po’ di danza, un po’ di pianoforte. Dopo gli studi, questi studi, i tentativi di vivere: un po’ interprete, un po’ disegnatrice di moda, un po’ cantante senza alcun successo. Il suo primo nome d’arte è Mimì Berté, destinato negli intenti ad addolcire il Domenica Berté dell’anagrafe. Mia Martini è venuta su a Roma da Bagnara Calabra, con una fretta di “fare”, un bisogno di “essere”. Da quando è rinata, seppellendo per sempre Mimì Berté, ha vissuto un unico scoppio. Il primo boom l’estate scorsa (1971 n.d.r.) ai pop festival di Viareggio e di Palermo; quindi, la Mostra di Venezia, quindi ancora il Festivalbar di queste vacanze. Ad Asiago lei ha battuto senza timori reverenziali le varie Vanoni, Patty Pravo, i Dik Dik, lo stesso Gilbert O’Sullivan che in Italia è soprattutto noto perché capeggia le classifiche degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e della Germania. E ha battuto anche, ma stavolta d’un soffio (appena 3000 voti di differenza) il cantante di vocazione Adriano Pappalardo, il Joe Cocker di Copertino, provincia di Lecce. La Martini cantava parole di Lauzi e musica di Baldan Bembo, Pappalardo versi di Mogol e note di Battisti: grande disfida dei poeti campioni del momento.
Mia Martini come appare nella foto del Radiocorriere TV dopo la sua vittoria al Festivalbar 1972. ______________________________________________________________________________________ |